Cronache di un venditore di sangue
Autore: Yu Hua
Editore: Feltrinelli
“ Una grande storia - al contempo commovente e ottimistica, grottesca e tragica - in uno dei più importanti romanzi della letteratura cinese contemporanea. Una storia per certi versi epica che racconta trent'anni della vita di Xu Sanguan, un lavoratore che trasporta tutto il giorno bachi in un grande setificio. Il protagonista vive con una moglie molto bella ma capricciosa e tre figli di cui va orgoglioso: Felice Uno, Felice Due, Felice Tre. Aiuta la sua famiglia a sopravvivere durante i duri anni della Rivoluzione culturale. E lo fa vendendo il proprio sangue nei momenti più difficili e importanti (in realtà una pratica ancora oggi realmente diffusa in Cina). Ma il sangue è anche una sorta di talismano: è un dono degli avi, e per questo non va sprecato... “
Dal racconto della vita di Xu Sanguan, operaio in una fabbrica di seta, emerge la figura di un uomo concreto, un brav'uomo che ama i suoi figli, che vende il suo sangue per tenere la fame e la miseria lontane dalla sua famiglia. La sua vita, tra alti e bassi, avanza parallela alla tragica storia della Cina in quegli anni e ne diventa metafora. Il protagonista descrive la sua dura esistenza senza autocommiserazione, ma come un dato di fatto, una cosa normale; racconta delle difficoltà (e anche delle tragedie) che affronta non con rassegnazione ma con una consapevolezza del proprio posto nel mondo che fa pensare a un albero, un antico albero con le radici ben affondate nel terreno e con i rami che si muovono al vento. Certo non mancano i momenti di dolore e di disperazione, ma sono fisiologici, sono passaggi necessari per poi riprendere a vivere. Persino l’ostinato rifiuto del primogenito, che ha scoperto non essere suo figlio biologico, alla fine viene superato, attraverso la compassione. L’ultimo sangue versato, a rischio della propria vita, viene venduto proprio per soccorrere questo figlio, amatissimo malgrado tutto, che giace malato, da solo, in un luogo lontano dagli affetti. Non definirei quest’uomo un eroe, perché avrei timore di fargli torto. Piuttosto direi che è un padre, nel senso confuciano del termine, in un senso che è anche vicino al sentire mediterraneo, per quanto possa sembrare strano.